"Perchè senza qualcuno nessuno può diventare un uomo.."(Povia)

domenica 11 aprile 2010

i bambini e la malattia di un genitore

"Come vive una bambina il tumore della mamma? Come lo può vivere un bambino? Si parla ancora poco dell’impatto del tumore sulla psiche dei pazienti, e pochissimo dell’effetto che una malattia aggressiva dei genitori ha sui figli, specie se piccoli, soprattutto se colpisce la madre. I bambini sentono le atmosfere di casa, con le loro sensibilissime antenne. Sentono l’ansia, la tristezza, la preoccupazione, la disperazione. Scrutano i visi preoccupati, le voci che diventano sommesse quando parlano di quella cosa. Poi la mamma sparisce, per giorni, a volte per settimane. Non sempre viene detto che la mamma è in ospedale. Molti scelgono la bugia del viaggio. Soprattutto se è necessario un ricovero in un ospedale lontano, non sempre il bambino può vederla. Oppure sono i parenti a ritenere che sia meglio non farlo. Lo pensano in buona fede, soprattutto se le cure sono pesanti, se deve fare la chemioterapia, o se un trapianto di midollo suggerisce di tenere il bambino lontano da lei dopo l’irradiazione completa. Il bambino allora si scontra con l’assenza. Forse mitigata dalla sua voce al telefono. Ma è un’assenza pesante. “Perché mi ha abbandonato?” pensa il bambino. Per lui, o per lei, l’assenza della mamma coincide con la sensazione più atroce per un piccolo: l’esser stato, appunto, abbandonato. A questa sensazione il bambino può rispondere in molti modi: deprimendosi a sua volta. Può allora esprimere il suo dolore con sintomi gastrointestinali (coliche e “mal di pancia”). Rifiutando il cibo. Oppure con insonnia e incubi. Con un aumento dell’ansia e dell’irritabilità. O dell’aggressività, per attrarre l’attenzione. Per sentire di essere ancora importante per qualcuno. Per protestare contro quest’abbandono inspiegabile. E se la mamma torna, può accoglierla sottraendosi al suo abbraccio. Voltando il visetto corrucciato. Oppure, soprattutto se bimba, può diventare buonissima. “Forse la mamma è andata via perché sono stata cattiva. Ma se sto buonissima forse la mamma torna”. La bambina diventa giudiziosa, “si comporta come una grande”. E se la mamma torna, tra un ciclo di cure e l’altro, la bambina diventa simbolicamente la mamma. Le sue antenne diventano ancora più sottili. Cerca di non disturbare in alcun modo, di essere brava brava, ma spia con spasmodica attenzione ogni segno di malessere. “Mamma perché sei così pallida? Mamma perché sei sempre stanca?”. “Sei triste? Se ti racconto una storia sei meno triste?”. Se la mamma guarisce, la ferita dell’abbandono può essere gradualmente lenita dalla ritrovata presenza. Ma se sono necessari ricoveri ripetuti, come succede se la malattia è aggressiva o recidivante, il dolore resta incistato. La paura di perderla cresce in modo esponenziale. Pervade ogni pensiero, in modo tanto più disturbante quanto più il bambino le è legato. E quanto meno la famiglia (il padre, i nonni) riescono ad essere adeguati sostituti affettivi. “Se vado all’asilo, pensa il bambino, e spesso non lo dice, e poi quando torno la mamma è andata di nuovo via?”. Oppure: “Chissà se la trovo quando torno da scuola”. Il terrore di non trovarla più può allora scatenare ansie tremende, e veri e propri attacchi di panico. La possibilità di perderla per sempre può paralizzare la capacità di apprendere del bambino, divorando la sua serenità."
tratto da Alessandra Graziottin – ” Il Gazzettino ” di lunedì 16/06/2008- cronaca nazionale

venerdì 9 aprile 2010

la Resurrezione..

La notte di Pasqua mentre cercavo di spiegare a mia figlia di 3 anni che Gesù dopo essere morto è "resuscitato" lei mi ha chiesto:" E chi gli ha dato il bacio?"...Eh già avevate mai pensato di paragonare Gesù a Biancaneve e gli ebrei alla strega invidiosa e cattiva? sembra un tantino blasfemo ma forse rende l'idea ( almeno per ora!)

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